Rivelazione choc: “Ecco il mio doping”
E' una lunga lista quella delle sostanze e dei metodi proibiti dalla WADA, l'agenzia mondiale antidoping, ma ad oggi non contiene ancora le sostanze che personalmente uso e, come me, la maggior parte dei ciclisti amatoriali. Sostanze non rintracciabili da nessun controllo.
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E' duro l'inverno, ma la bicicletta ci dona la forza di non fermarci davanti a nulla (ph Play Full Nikon) |
13 dicembre 2012 – Sono le ore otto di una delle ultime domeniche mattina che posso passare a casa, prima di ricominciare una nuova stagione granfondistica. Dopo le domeniche saranno dedicate al lavoro.
Guardo fuori dalla finestra; l'inverno sta arrivando e la temperatura non è certo di quelle adatte per un'amena uscita in bicicletta. Non ho un termometro esterno, per cui ignoro quanto possa fare freddo, ma uno splendido sole, che ha appena messo fuori il “capino” dall'orizzonte orientale, mi mette di buon umore, meteoropatico quale sono. Guardo in strada, è praticamente deserta, tranne quel poveraccio che tutto intirizzito sta portando il cane a fare i suoi bisogni. “Ma a te il freddo non stimola la vescica, che così la fai in fretta e torniamo a casa?” sembra dire il padrone al suo fedele compagno.
Sorbo l'immancabile caffè e mi preparo per uscire. Inizia il rito invernale. Pochi mesi prima la preparazione per l'uscita in bicicletta era veloce quanto basta anche per una fuga dall'incendio, ma a metà dicembre una sposa impiega meno tempo a prepararsi per il matrimonio. Tanto più io, che mi vesto talmente tanto a strati, da sembrare un millefoglie.
Maglia intima lunga, maglia a manica lunga felpata, pantaloni felpati lunghi, calze pesanti, berrettino pesante, guanti, sottoguanti in lana, gilet, antivento lungo e copriscarpe! Di quello che c'è non manca nulla!
Apro la porta di casa e, sarà forse colpa del fatto che pochi minuti prima ero avvolto nelle calde lenzuola felpate per le quali ho impiegato ben sei ore per scaldarle, una folata di aria gelida mi prende letteralmente a schiaffi. Chiunque sano di mente, chiuderebbe la porta e tornerebbe sotto le coperte, si accoccolerebbe alla moglie e continuerebbe la meritata ronfata settimanale (qualcuno più fortunato, magari impegnerebbe meglio il suo tempo... accoccolandosi alla moglie).
Ma il ciclista amatore non è sano di mente, è risaputo. “Potresti uscire alle 10.00 quando il sole ha iniziato a scaldare l'aria e gli animi”, potrebbe commentare qualcuno, ma è domenica ed è l'unico giorno della settimana dove la famiglia può pranzare insieme: quindi alle 12.00 al massimo, tutti a casa. Quindi... fuori alle 8.00!
Incontro al bar con gli amici, caffettino di rito e si parte, destinazione Paradiso! “Quanti gradi ti segna l'aggeggio?” chiedo al socio di pedale. “-0.8” mi risponde. “Mi pareva di sentire l'afa!”, replico ironicamente. E via a pedalare nel gelo, pur di mantenere o preparare quel minimo di forma decente necessaria per affrontare le poche granfondo di stagione senza che la fatica si trasformi in tribolazione.
E durante la settimana la storia si ripete. Si riesce uscire tra un impegno di lavoro e una commissione famigliare, strappando tempo al tempo e, a volte, anche violentandosi psicologicamente. Ma in tutto questo non sono certo un eroe: il compito degli eroi è ben altro e decisamente ben più valoroso.
Sono solo un ciclista armato di tanta passione, così come lo sono tante altre migliaia in tutta Italia. Questa è la nostra sostanza dopante: la passione. Quella che ti fa salire sui rulli alle 5.00 di mattina, al buio, in garage, con solo l'iPod nelle orecchie per essere alle 7.30 alla stazione per attendere il treno che ti porterà al lavoro. La passione che ti fa uscire al buio alle sei alla sera, tra la nebbia e il gelo, armato di pettorina riflettente e pieno di luci e lucine, tanto che i bimbi ti scambiano per un albero di Natale a due ruote. Quella passione che ti rode dentro, che dice che devi andare, là fuori, tu e la tua bici, a seguire tabelle e ripetute, prese da chissà quale rivista, ben conscio che non vincerai mai nulla, se non la sfida con te stesso e con tutte le avversità della vita quotidiana.
Sì, perché il ciclismo, il nostro ciclismo, quello che non porta né soldi, né fama, né fortuna, è un grande allenamento, non solo per il fisico, ma anche per il carattere e la forza di volontà. Se riusciamo a imporci le ripetute di SFR a cinque gradi sopra lo zero, poi i problemi dell'ufficio, che per tanti sono delle calamità naturali, per noi saranno solo dei piccoli fastidi.
Questo è il nostro doping: la forza di volontà che ci mettiamo, quella che ci permette di affrontare mille peripezie per mettere nelle gambe i chilometri sufficienti per scalare il Crostis. Eggià! Visto che sei stato cattivo e non ti sei fatto accettare alla Maratona... acchiappati il Crostis, così impari!
Per scalare il Crostis, oppure per portare a termine una Nove Colli, o affrontare il terribile Rombo (magari in mezzo alla bufera come è successo a me), pur sapendo che i primi sono già sotto la doccia, non c'è doping che tenga. O ci metti le palle, o ti puoi buttare giù tutte le schifezze di questo mondo, che in cima non ci arrivi!
Questo è il ciclismo, il nostro ciclismo e questo è il nostro doping! E ad oggi è legale! Poi, di cosa facciano gli altri... sono problemi loro!
Buona settimana
enrico cavallini